lunedì, febbraio 11, 2008

Antiriciclaggio e antiterrorismo

Ho trovato un articolo interessante sul tema "antiriciclaggio e antiterrorismo", a firma di Marco Krogh. Appare sul sito internent denaro.it.


Mi permetto di copiarlo integralmente perché spesso gli articoli spariscono dai server originari.

Notariato & Cittadini
vademecum normativo

Antiriciclaggio e antiterrorismo: nuovi obblighi

Marco Krogh*


A distanza di meno di due anni dall'entrata in vigore del D.M. 3 febbraio 2006 numero 141 che ha sancito la definitiva e completa applicazione degli obblighi antiriciclaggio. prescritti dal d.lgs. 56 del 2004, anche ai professionisti, è entrato in vigore il d.lgs. 21 novembre 2007 numero 231, che ha riformato l'intera materia antiriciclaggio, i cui obblighi, peraltro, sono stati riformulati anche in funzione della prevenzione e repressione del finanziamento del terrorismo.
La sollecitazione iniziale, che ha avviato la nuova filiera normativa, approdata al d.lgs. de quo, è partita dalle raccomandazioni impartite dal GAFI (Gruppo di azione Finanziaria Internazionale).
Il GAFI è un organismo internazionale indipendente il cui segretario si trova presso l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) con il compito di concepire e promuovere strategie che rendano possibile la prevenzione, la scoperta e la repressione del riciclaggio di capitali mediante l'adozione di appropriate misure da parte di tutti i paesi aderenti ed è composto da 29 membri: l'Argentina, l'Australia, l'Austria, il Belgio, il Brasile, il Canada, la Danimarca, la Finlandia, la Francia, la Germania, il Giappone, la Grecia, Hong Kong, l'Irlanda, l'Islanda, l'Italia, il Lussemburgo, il Messico, la Norvegia, la Nuova Zelanda, i Paesi Bassi, il Portogallo, il Regno Unito, Singapore, la Spagna, gli Stati Uniti, la Svezia, la Svizzera e la Turchia. Del GAFI fanno, inoltre, parte la Commissione europea e il Consiglio di cooperazione del Golfo.
Obiettivo prioritario di questo organismo, quindi, è quello di promuovere una globalizzazione nella lotta al crimine organizzato; obiettivo questo certamente condivisibile ed irrinunciabile da parte di chiunque avverta la necessità di contrastare in modo efficace queste gravi emergenze criminali; ciò che, invece, appare inadeguato è la tendenza a globalizzare la "norma giuridica", attraverso lâadozione di un sistema di tipo piramidale in cui il provvedimento normativo successivo si conforma in modo pedissequo al provvedimento normativo che lo precede senza articolarsi in ragione della specificità delle fattispecie da regolamentare: l'inserimento generalizzato e disarticolato di norme in sistemi giuridici con diverse radici, senza i dovuti adattamenti, rischia di rendere il sistema stesso inefficiente.
Numerose disposizioni contenute nel d.lgs. 231/2007 costituiscono la mera traduzione delle raccomandazioni GAFI.
Ciò appare inadeguato, in quanto disposizioni normative efficienti all'interno di un determinato sistema ovvero efficienti se riferite a determinate categorie di soggetti possono rivelarsi inefficienti o di difficile applicazione o addirittura incomprensibili in un altro sistema giuridico ovvero se riferite ad un'altra categoria di soggetti.
Questa critica ovviamente attiene alla struttura delle disposizioni, al contenuto degli obblighi ed al loro modo di articolarsi allâinterno del sistema e non alle finalità perseguite, comuni ai vari ordinamenti e condivisibili dalla generalità dei destinatari della normativa.
Fatta questa premessa di carattere "procedurale", va detto che sotto l'aspetto "sostanziale" il primo presupposto logico che ha sollecitato l'avvio della nuova filiera normativa, come espressamente enunciato nella Terza direttiva, è da rinvenirsi nell'esigenza di concretizzare, in efficaci strumenti normativi, le nuove conoscenze, via via perfezionatesi a livello internazionale, nella lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo.
Si è ritenuto opportuno, innanzitutto allineare la definizione di "reato grave" a quella contenuta nella decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio del 26 giugno 2001, in considerazione del fatto che, se inizialmente la definizione di riciclaggio era ristretta ai proventi dei reati connessi agli stupefacenti, negli anni più recenti è emersa la tendenza ad una definizione molto più ampia, fondata su una gamma più vasta di reati-base (7° considerando della III direttiva).
Al riguardo, va precisato che l'ampliamento della gamma di reati presupposti presi in considerazione ha come finalità non quella di introdurre all'interno degli ordinamenti dei singoli Stati membri nuove definizioni del reato di riciclaggio o nuove fattispecie criminali, area questa di pertinenza esclusiva degli Stati membri, ma di dare una più articolata elencazione delle fattispecie che fanno da presupposto o da sfondo per l'applicazione degli obblighi antiriciclaggio e, segnatamente, per la sussistenza dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta.
In buona sostanza, il reato di riciclaggio, nelle sue forme di riciclaggio proprio ed improprio, continuerà ad essere disciplinato dagli articoli 648 bis e 648 ter del codice penale, tuttavia, ai fini dellâapplicazione della normativa antiriciclaggio, dovranno essere prese in considerazioni anche condotte tecnicamente non riconducibili a tali fattispecie criminose ma ad altre fattispecie criminose quali la ricettazione, il favoreggiamento reale ovvero a fattispecie che non costituiscono figura autonoma di reato (si pensi all'autoriciclaggio).
L'utilizzo del termine riciclaggio, all'interno del sistema è, quindi, "atecnico" e non riferibile alle fattispecie sanzionate all'interno del nostro sistema penale e ciò risulta affermato espressamente nel d.lgs 231 del 2007, laddove l'articolo 2 nel dettare la definizione di "riciclaggio" precisa nel suo incipit :"ai soli fini del presente decreto".
Passando ad esaminare, sinteticamente, il contenuto ed i principi che reggono il nuovo sistema, va ricordato che con il d.lgs. 56 del 2004 si è codificata l'idea che per contrastare in modo efficace le nuove emergenze criminali è necessario coinvolgere oltre ai soggetti che svolgono la loro attività nell'area tipicamente finanziaria, anche i professionisti che si muovono in un'area indirizzata in modo più specifico alla consulenza ed all'assistenza nella preparazione e nell'esecuzione di operazioni di tipo economico e finanziario.
Ciò non è elemento di secondaria importanza ed andrà tenuto in debita considerazione, ogni qual volta si renderà necessario interpretare le nuove norme che hanno come generici destinatari sia i soggetti di area finanziaria che i professionisti: l'assolvimento degli obblighi e dei doveri da parte dei destinatari delle norme potrà avvenire con modalità e criteri diversi in ragione della diversa area operativa degli uni e degli altri che si traduce in una non coincidenza dei presupposti applicativi delle norme stesse.
Non può dimenticarsi che l'estensione tout court degli obblighi dettati per i soggetti finanziari anche ai professionisti, trascurando quelle peculiarità che caratterizzano lo svolgimento della prestazione professionale e la diversità strutturale, in termini di organizzazione del lavoro e di risorse impiegate, tra un ente creditizio e finanziario (e soggetti assimilati) ed uno studio professionale, ha rappresentato uno dei maggiori limiti all'(in)efficienza della normativa previdente.
Il nuovo decreto legislativo, per più di un aspetto, costituisce il tentativo iniziale per una migliore articolazione degli obblighi tra i vari soggetti destinatari della normativa, pur riscontrandosi tuttora numerose disposizioni allâinterno del sistema che mantengono unâeccessiva generalizzazione, genericità ed imprecisione che, a mio giudizio, può nuocere all'efficienza del sistema.
Altre criticità di tipo operativo che riguardano la materia in esame derivano dalla sua natura di normativa di polizia, diretta, in modo specifico, a prevenire ed a reprimere attività criminose e, come tale fisiologicamente destinata ad entrare in conflitto con le norme a tutela delle libertà individuali delle persone.
Spetterà all'interprete coniugare e conciliare, in modo efficace, le opposte esigenze di contrasto della criminalità e di garanzia della sfera privata delle persone, dando maggior peso a quei valori che in un determinato contesto sociale e temporale meritano prevalenza.
Allo stato attuale, non può, comunque, non prendersi atto che, con l'estensione degli obblighi antiriciclaggio ed antiterrorismo ai professionisti, si assiste ad una trasformazione della regolamentazione del rapporto professionista-cliente da prevalentemente privatistica a marcatamente pubblicistica che si traduce, in buona sostanza, in un significativo vulnus della sfera privata delle persone.
Questo elemento ha, per il notaio, certamente un impatto meno dirompente rispetto agli altri professionisti, essendo per sua natura deputato, nello svolgimento della prestazione professionale a conciliare funzione pubblica ed attività libero professionale.
Alle molteplici esternalità positive prodotte dalla prestazione notarile oggi si aggiunge anche la prevenzione e la repressione del riciclaggio di proventi illeciti e del finanziamento del terrorismo.
Esaminando gli altri principi generali che attualmente reggono il sistema antiriciclaggio ed antiterrorismo, merita attenzione, perchè fondamentale nel nuovo assetto normativo, innanzitutto la prescrizione contenuta nella parte iniziale dallâarticolo 3 del d.lgs. 231 del 2007, riguardante la condotta che deve assumere il professionista nei confronti del cliente: "le misure di cui al presente decreto si fondano anche sulla collaborazione attiva da parte dei destinatari delle disposizioni in esso previste".
Collaborazione attiva che si traduce nell'obbligo non più di mera e passiva identificazione del cliente ma nellâobbligo di adeguata verifica del cliente, articolato nei suoi aspetti di:
- identificazione del cliente;
- identificazione del titolare effettivo, se necessario;
controllo costante del rapporto continuativo;
dovere di ottenere informazioni sullo scopo e sulla natura dellâoperazione economica.
Dal professionista si pretende non solo la mera acquisizione passiva dei dati identificativi del cliente, ma una conoscenza del cliente rapportata alla prestazione professionale da svolgere (customer due diligence).
Il principio della collaborazione attiva, così enunciato, tuttavia, rischierebbe di comportare una dilatazione senza confini degli obblighi a carico dei soggetti passivi, se non contestualizzato e coordinato con gli altri principi del sistema.
Particolarmente significativo, in questo senso, è l'espresso invito, contenuto nella III direttiva, agli Stati membri ad una migliore calibratura degli obblighi antiriciclaggio ed antiterrorismo in funzione del minore o maggior rischio ricollegabile a determinate fattispecie.
Imporre condotte particolarmente invasive della sfera privata altrui, anche in situazioni prive di rischi oggettivi, nelle quali nessuna particolare anomalia emerge, non soddisferebbe il requisito della ragionevolezza, richiesto sia al Legislatore nell'emanazione della disposizione e sia all'interprete nell'applicazione delle stesse.
Nel decreto legislativo ciò si è tradotto nell'inserimento, accanto all'obbligo di adeguata verifica, degli obblighi di semplificata verifica e degli obblighi di rafforzata verifica.
Si è tentato di graduare, in modo ragionevole, gli adempimenti antiriciclaggio, nella consapevolezza che una distribuzione a pioggia degli obblighi antiriciclaggio ed antiterrorismo rende il sistema inefficiente.
L'inutile dispendio di risorse umane ed economiche, un'acritica e generalizzata acquisizione di dati ed informazioni non giova all'efficienza del sistema che, al contrario, richiede un monitoraggio ragionevole e selettivo sin dalla prima fase applicativa delle norme.
Scelta ampiamente condivisibile è stata quella di eliminare gli obblighi di adeguata verifica tra soggetti destinatari delle medesime norme antiriciclaggio (articolo 25 del d.lgs. 231/2007). Si è eliminato, ad esempio, ogni dubbio, in ordine all'insussistenza dellâobbligo dei notai di acquisire dati ed informazioni (attualmente adeguata verifica) nei riguardi dei funzionari degli istituti di credito in relazione alle prestazioni professionali svolte nei loro confronti (atti di mutuo, finanziamenti, aperture di credito, assensi alle cancellazioni ipotecarie, e così via).
Strettamente collegato al principio testè esposto è l'ulteriore precetto guida espresso all'interno della III direttiva (cfr. i 37°, 43° e 47° considerando, soprattutto se collegati ai 19° e 22° considerando), diretto a sollecitare gli Stati membri ad adeguare lâapplicazione dettagliata delle disposizioni in rapporto:
- alle peculiarità delle varie professioni;
- alle differenze in scala e dimensioni delle persone ed enti soggette alla III direttiva.
Mentre una giusta calibratura degli obblighi, in ragione del rischio effettivo, consente di selezionare a monte situazioni che meritano maggior attenzione rispetto ad altre poco significative, il principio da ultimo enunciato consente di modulare a monte le condotte (rectius: il contenuto degli obblighi) che possono essere pretese dai soggetti destinatari della normativa, articolando e graduando gli obblighi in ragione dellâattività e della tipologia organizzativa del destinatario stesso.
Anche questo principio risponde alla necessità di rendere ragionevole la normativa antiriciclaggio ed antiterrorismo per sua natura particolarmente aggressiva della sfera privata altrui e tendenzialmente limitativa delle altrui libertà individuali.
Su questo punto, va sottolineato che per i notai è stata dettata, almeno in parte, una disciplina speciale rispetto agli altri professionisti, in considerazione del diverso ruolo istituzionale e dalla specifica disciplina ordinamentale che regola l'attività del notaio.
Oltre alla deroga espressa rispetto all'obbligo di astensione in caso di operazione sospetta o per la quale non si è in grado di adempiere lâobbligo di adeguata verifica, contenuta nell'articolo 41 del d.lgs. 231 del 2007, sono state dettate, tra le altre, disposizioni speciali in relazione agli obblighi di conservazione e registrazione dei dati ed informazioni ed in relazione allâidentificazione del cliente.
L'articolo 40, comma 6 del d.lgs. de quo espressamente dispone che la custodia dei documenti, delle attestazioni e degli atti presso il notaio e la tenuta dei repertori notarili, a norma della legge 16 febbraio 1913, numero 89, del regolamento 10 settembre 1914, numero 1326, e successive modificazioni e integrazioni, e la descrizione dei mezzi di pagamento ai sensi dellâarticolo 35, comma 22, decreto legge 4 luglio 2006, numero 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, numero 248 costituiscono idonea modalità di registrazione dei dati e delle informazioni.
Un pieno riconoscimento dell'idoneità dei mezzi di archiviazione e di conservazione adottati dal notaio nello svolgimento della sua attività istituzionale.
Ulteriore specifico riconoscimento riguarda l'identificazione del cliente. Nell'allegato tecnico è espressamente previsto (articolo 3) che, in alternativa all'identificazione a mezzo documento d'identità o di riconoscimento "L'identificazione può essere svolta anche da un pubblico ufficiale a ciò abilitato ovvero a mezzo di una foto autenticata; in quest'ultimo caso sono acquisiti e riportati nellâarchivio unico informatico, ovvero nel registro della clientela, gli estremi dell'atto di nascita dell'interessato".
Con il nuovo d.lgs., dunque, è stata equiparata, ai fini antiriciclaggio ed antiterrorismo, l'identificazione delle persone fisiche effettuata da un pubblico ufficiale (notaio, eccetera) all'identificazione effettuata a mezzo documento d'identità o di riconoscimento.
Ciò ha una ricaduta importante ai fini degli obblighi di identificazione, in più di una fattispecie che con la normativa previdente avrebbe messo a rischio il regolare svolgimento dellâattività notarile.
Si pensi a chi pur essendo conosciuto e noto al notaio sia in possesso di un documento d'identità (o di riconoscimento) scaduto o all'ipotesi in cui il cliente si costituisce nellâatto a mezzo procuratore che non conosce gli estremi del documento d'identità (o di riconoscimento) del cliente pur essendo il suo operato legittimato da una procura notarile.
In queste ipotesi, in luogo degli estremi del documento di identità o di riconoscimento il cliente dovrà ritenersi correttamente identificato con la sola attestazione di certezza dellâidentità da parte del notaio che riceve l'atto o che ha ricevuto la procura. In questâultimo caso il notaio che effettua la prestazione a favore di cliente rappresentato (not face to face) potrà far affidamento sullâadeguata verifica compiuta dal collega che ha ricevuto la procura stessa.
Altro principio contenuto nell'articolo 3 del d.lgs. de quo che si collega e definisce in modo più preciso il principio sopra esposto di collaborazione attiva, contribuendo a tracciarne il perimetro, è il divieto implicito, a carico dei destinatari delle norme, di porre in essere attività investigative ulteriori non direttamente collegate con la prestazione professionale o con l'attività istituzionale da svolgere.
Invero, nel suddetto articolo 3 si afferma che i soggetti destinatari della normativa "adempiono gli obblighi previsti avendo riguardo alle informazioni possedute o acquisite nellâambito della propria attività istituzionale o professionale".
Dunque, le informazione devono essere acquisite nell'ambito della propria attività professionale e non aliunde. Non è consentita alcuna attività di polizia giudiziaria e, simmetricamente, non potranno essere imputate a professionisti o altri destinatari delle norme eventuali carenze nella ricerca di prove e indizi se non limitatamente a quei dati ed informazioni oggettivamente e direttamente connessi con lo svolgimento dellâoperazione e che, in buona sostanza, si concretizzano nell'acquisizione di dati ed informazione nei registri pubblici o direttamente dai clienti.
Questo principio, oltre a definire il contenuto del dovere di collaborazione attiva pretesa dal professionista, per altro verso, concorre a definire il contenuto dellâobbligo, prescritto dall'articolo 21 del d.lgs. 231/2007, a carico dei clienti di fornire, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti destinatari di adempiere agli obblighi di adeguata verifica della clientela.
Per chiudere la panoramica dei principi generali più significativi della nuova normativa antiriciclaggio ed antiterrorismo non può non farsi menzione del principio di riservatezza del segnalante, che riguarda, in modo più specifico, il dovere degli Stati membri diretto a garantire ai soggetti destinatari della normativa un regolare e sostenibile adempimento dei doveri richiesti.
Dall'efficace e reale attuazione di questo precetto guida dipenderà il successo o l'insuccesso di tutto il sistema.
Recita espressamente l'articolo 27 testè richiamato: Gli Stati membri adottano misure appropriate per proteggere da qualsiasi minaccia o atto ostile i dipendenti degli enti o delle persone soggetti alla presente direttiva che segnalano, all'interno dell'impresa o all'UIF, un caso sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Se l'obiettivo del sistema è la prevenzione e repressione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo tentati o consumati mediante l'utilizzo del sistema finanziario ovvero avvalendosi delle prestazioni professionali, lo snodo fondamentale sarà costituito dal grado di sicurezza che lo Stato saprà garantire a coloro che sono chiamati ad assolvere obblighi esponendosi al rischio di rappresaglie.
La normativa, in mancanza di adeguate misure di protezione, rischierà di tradursi nell'ennesima raccolta ed archiviazione di dati ed informazioni, priva di quelli più significativi e soprattutto priva dell'output necessario per rendere efficiente il sistema.
Solo se sarà prestata la massima attenzione agli aspetti legati allâincolumità del soggetto segnalante si eviteranno comportamenti omissivi di chi pur non essendo connivente o colluso con la criminalità sarà orientato a compiere scelte opportunistiche, in considerazione dei pericoli legati allâattività di contrasto di criminalità non legata a piccoli truffatori o balordi ma a pericolose organizzazioni criminali internazionali.
In caso contrario, il motto "tengo famiglia" - coniato da Leo Longanesi per gli Italiani negli anni ‘50 -, rischia di diventare la triste metafora condizionante l'intero sistema antiriciclaggio ed antiterrorismo. Sul piano positivo — all'interno del d.lgs. 231 del 2007 -, la particolare attenzione sulla riservatezza e sulla protezione dei dati del segnalante si è tradotta in un gruppo di disposizioni miranti a garantire l'anonimato del segnalante stesso.
Eâ previsto che in caso di denuncia o di rapporto, ai sensi degli articoli 331 e 347 del codice di procedura penale, l'identità delle persone fisiche che hanno effettuato le segnalazioni, anche qualora sia conosciuta, non è menzionata e svelata salvo che ciò non sia indispensabile e su decisione dell'autorità giudiziaria (con decreto motivato), ai fini dell'accertamento dei reati per i quali si procede.
é poi espressamente prescritto che la riservatezza del segnalante dovrà, altresì, essere assicurata anche in caso di sequestro di atti o documenti.
Le misure previste, per quanto lodevoli nel loro intento di protezione dei soggetti segnalanti, appaiono, almeno per i professionisti, ancora poco efficaci, tenuto conto dello stretto legame che nella prestazione professionale sussiste tra il professionista, il cliente e l'operazione eseguita, talchè è difficile immaginare che il soggetto sottoposto ad indagine per una determinata operazione non sia in grado di collegare, con poco sforzo, l'indagine stessa alla segnalazione eseguita dal professionista che ha ricevuto l'atto notarile, al di là delle accennate misure a garanzia dell'anonimato.
L'identificazione del professionista segnalante può dedursi non solo dalla manifesta indicazione del suo nome, ma anche dalle modalità di contestazione al soggetto segnalato dell'operazione eseguita.
Una vera tutela di riservatezza, in questi casi, non può prescindere da disposizioni normative ed istruzioni specifiche agli organi investigativi, che riguardino soprattutto il momento successivo alla segnalazione, con particolare riguardo alla contestazione dei fatti al soggetto segnalato.
Sotto altro aspetto, nella misura in cui il grado di sicurezza del segnalante aumenta in modo inversamente proporzionale alla discrezionalità nella scelta se effettuare o meno la segnalazione, è sicuramente opportuno che siano individuati indici obiettivi e precisi in presenza dei quali il professionista è obbligato alla segnalazione, senza possibilità di effettuare scelte discrezionali che potrebbero esporlo a odiose rappresaglie o condizionamenti.

del 23-01-2008 num. 012

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